Il Gran Chaco e i popoli indigeni del Paraguay

Il Paraguay è noto per le cascate di Iguazú, straordinario scenario naturale scoperto, nel 1542, dal conquistador spagnolo Alvaro Núñez Cabeza de Vaca. E’ conosciuto per le missioni gesuitiche, le cui rovine monumentali si ergono nella parte sudorientale del paese, testimonianza di una utopia che, tra il 1610 e il 1767, fu realtà. Si sa che ospita, in condominio con il Brasile, la centrale idroelettrica di Itaipu, opera ciclopica completata nel 1984, con il contributo di ingegneri italiani, la più grande del mondo per energia prodotta.

Il Paraguay non è solo questo. Il Paese è attraversato verticalmente, da nord a sud, dal grande omonimo fiume che lo divide in due parti quasi uguali. Quella orientale, che per intenderci nelle mappe si trova a destra del Río Paraguay, comprende il 40% del territorio nazionale ed è la più popolata e dotata di infrastrutture. Qui si trovano Iguazú, Itaipu e le missioni gesuitiche.

Animali Chaco, ParaguayCoccodrillo Chaco Paraguay
Chaco, Paraguay
Chaco, Paraguay | Gherardo La Francesca

La parte occidentale è il 60% della superficie, con il 2% della popolazione. La densità di abitanti per chilometro quadrato è tra le più basse del pianeta mentre tra le più alte è la concentrazione di coccodrilli, formichieri, pesci di fiume, uccelli e, ahimè di fameliche zanzare. E’ il Chaco, immenso territorio sporadicamente colonizzato dai mennoniti, comunità anabattiste che, nel secolo XVI iniziarono una una migrazione dall’Europa Centrale verso Russia, Canada e America Meridionale. In Paraguay sono giunti nel secolo scorso ed hanno fondato cittadine come Filadelfia, dove sembra di trovarsi in Germania. Oltre ai mennoniti ci sono gli indigeni.

IL CHACO E IL MUSEO VERDE

Questa parte del Paraguay fa parte della regione del Gran Chaco, che si estende anche in Argentina, Bolivia e Brasile: una pianura grande quattro volte l’Italia abitata da 25 popoli indigeni. Vivono in piccole comunità disperse in un immenso territorio caratterizzato da un clima inospitale, ancora oggi di non agevole accesso. Ogni popolazione mantiene con caparbietà un patrimonio di tradizioni, riti, capacità artigianali e idiomi. Qui si parlano dieci lingue diverse.

Mappa del Chaco, Paraguay

Il Museo Verde, è una Onlus alla quale contribuiscono volontariamente antropologi, etnolinguisti, fotografi, architetti e appassionati, che realizzano iniziative mirate alla conservazione e valorizzazione di un “giacimento culturale” importante e differenziato, poco conosciuto dagli stessi specialisti e quasi del tutto ignorato dal grande pubblico.

L’attività del Museo Verde si sviluppa in tre filoni:

  • Realizzazione, con tecniche costruttive e materiali locali, di mini strutture espositive ove gli indigeni possono conservare gli oggetti della loro memoria e mostrarli al visitatore.
  • Devoluzione alle comunità di immagini di antichi artefatti, prodotti dai loro progenitori e conservati in Musei italiani e sudamericani, per stimolare produzioni artigianali in parte desuete.
  • Stimolo al turismo sostenibile e responsabile, sensibile e interessato ad aspetti etnoantropologici e naturalistici

Per quest’ultimo tipo di iniziative il Museo Verde si è ispirato ai viaggi di esploratori di fine ‘800, i quali furono tra i primi a entrare in contatto con popolazioni indigene del Gran Chaco. Guido Boggiani, pittore, fotografo e intellettuale della Belle Epoque italiana, che si improvvisò con successo etnologo, percorse in lungo e in largo Il territorio oggi compreso nei confini di Paraguay e Brasile. Una mirabile collezione di oggetti chamacoco, caduveo e ache, da lui raccolti, si trova presso il MUCIV – Museo Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma.

Il Museo Verde si è mosso sulle tracce di Boggiani, ancora oggi evidenti nel ricordo degli abitanti di Asunciòn, ove sono custoditi i suoi resti mortali, e nella memoria delle popolazioni indigene con le quali egli entrò in contatto e visse per lunghi periodi.

Guido Boggiani in Paraguay
Esploratori in Paraguay nel XIX secolo

ITINERARIO: COMUNITA’ INDIGENE DEL CHACO

L’itinerario Guido Boggiani si sviluppa in quattro tappe.

La prima tappa è la Comunità Chamacoco di Karcha Bahlut, all’estremo nord del Paraguay, ai confini con Bolivia (a nord) e Brasile (ad est). Qui è stato costruito, sulle rive del fiume, in un abitato di circa 150 anime, il primo Museo Verde, realizzato dagli stessi indigeni con caranday (legno di palma) nel 2016.

Karcha Bahlut è un luogo estremo, ove vivono i discendenti dei chamacoco con i quali Boggiani scrisse di aver fatto “grande amicizia”. Ci si può arrivare via terra, percorrendo circa 400 chilometri dalla cittadina di Filadelfia, su di uno sterrato agevole che però, in caso di pioggia, si trasforma in una trappola di fango, ovvero risalendo il fiume Paraguay a bordo della nave Aquidaban, che trasporta merci e passeggeri, un pittoresco bazar galleggiante che parte da Concepción ogni venerdì pomeriggio e si ferma in tutti i piccoli centri abitati. Velivoli della Forza Aerea, che collegano la vicina Bahia Negra con Asunción partono solo con una buona copertura meteo.

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Indigeni Paraguay
Indigeni del Chaco

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Chaco, Paraguay
Foto Gherardo La Francesca

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A Karcha Bahlut le donne producono tessuti e borse realizzate con caraguatà, fibra resistentissima, tratta da una pianta della famiglia delle bromelie. Gli uomini cacciano coccodrilli e pescano con reti, ma anche con arco e frecce, il paku, pesce di fiume prelibato se cucinato alla brace o con salsa chupin a base di saporite verdure. Nei circa quattordicimila ettari del loro territorio, gli indios raccolgono miele che sta attirando l’interesse di distributori svizzeri specializzati in prodotti alimentari del tutto esenti da contaminazioni. Si pratica il debylyby, la grande cerimonia che rinnova tradizioni antiche. Lo sciamano del villaggio cura, con un talismano, le vittime dei morsi di serpenti velenosi.

Tutti conoscono il nome dell’italiano Guido Boggiani che, a fine ‘800, visse con loro e imparò la loro lingua, il cui ricordo è giunto ad oggi grazie alla tradizione orale. I suoi scritti sono stati utilizzati come prova che ha permesso agli indigeni di riscattare la terra ove vivono da tempi remoti.

indios Paragua
Indigeni del Chaco, Paraguay
Indigeni del Chaco | Gherardo La Francesca

Quasi 200 chilometri più a sud, il rio Paraguay fa una stretta ansa, creando un basso promontorio, circondato su tre lati dalle acque fluviali, conosciuto come La Punta, nei pressi del paese di Carmelo Peralta. Qui il Museo Verde ha incontrato i rappresentanti di cinque comunità ayoreo, un popolo che fu espulso dalle foreste dell’interno del Paese e ha trovato la terra promessa in una proprietà di ventimila ettari loro donata, nel 1962, dalla Chiesa Cattolica.

Gli Ayoreo, come i Chamacoco, sono abili produttori di borse e tessuti di caraguatà. Utensili ed armi sono la loro specialità.

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Borse e tessuti di caraguatà
Borse e tessuti di caraguatà

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Borse e tessuti di caraguatà
Foto di Gherardo la Francesca

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Amano le arti drammatiche per rappresentare momenti significativi della loro vita, come la caccia al tigre, la raccolta di frutta selvatiche e la migrazione verso nuovi territori. Angosciati dal timore di perdere le loro radici, hanno rivolto un appello al Museo Verde perché li aiuti a conservare un patrimonio custodito dalle generazioni più anziane: “cosa faremo quando i nostri vecchi ci avranno abbandonato?”. Un Museo, con annesso piccolo centro culturale, dotato di biblioteca e videoteca, sta sorgendo come risposta alla loro richiesta.

Sull’altra sponda del rio Paraguay, nello stato brasiliano del Mato Grosso del Sud, Il Museo Verde è entrato in contatto con due comunità caduveo, nelle località di Sao Joao e di Alves de Barro. Siamo in pieno Pantanal, la pianura alluvionale più grande del mondo, dotata di una biodiversità che non ha nulla da invidiare a quella della stessa Amazzonia.

Anche i Caduveo vivono in una riserva, peraltro di enorme estensione, che hanno avuto in dono grazie alla loro tradizionale abilità di cavallerizzi. Il governo brasiliano li ricompensò per il contributo dato da truppe a cavallo caduveo alla sanguinosa guerra della triplice alleanza, combattuta contro il Paraguay tra il 1864 e il 1870. Il cavallo è in effetti ancora largamente utilizzato come mezzo di trasporto e figura nei motivi ornamentali di oggetti di osso e di argento. Ma la creatività delle donne caduveo si estrinseca soprattutto nella produzione di ceramiche con decorazioni tratte dalla loro antica tradizione.

Ceramiche caduveo

Anche qui troviamo le tracce di Guido Boggiani. Nella Comunità di Sao Joao c’è l’edificio di una piccola scuola elementare e il laboratorio di una ceramista. Sulle mura della scuola e sulle terrecotte, sono riprodotti motivi ornamentali tratti da illustrazioni del libro I Caduveo, nel quale Boggiani raccolse le esperienze maturate nel lungo periodo da lui trascorso con queste popolazioni, corredandole di accurati disegni. A Sao Joao hanno una fotocopia di questo libro, e se ne servono per ispirare la produzione artigianale. Questa sarà la sede del terzo Museo Verde.

Un quarto Museo Verde sorgerà circa quattrocento chilometri a sud di Asunción presso una comunità aché. Sarà uno spazio all’interno del quale gli indios realizzeranno un tapy tiko, capanna tradizionale di pianta circolare, costruita con legno tacuara e bambù.

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Gli Aché sono molto diversi dagli altri indigeni del Chaco. Di costituzione minuta, lineamenti marcati, provvisti di barba, sono formidabili nell’uso di archi lunghissimi, molto più alti di loro, fatti di legno di palma pindò. Sulla loro provenienza sono state formulate le ipotesi più disparate. Secondo alcuni sarebbero discendenti di antichi Vichinghi, mentre altri sostengono la loro origine giapponese. Sono riusciti a salvare dalla deforestazione qualche ettaro di bosco ove si trovano i loro santuari, ove amano rifugiarsi ed accettano, in casi eccezionali, di condurre visitatori. Gli Aché sono gente ospitale e affettuosa, ma anche gelosa delle loro tradizioni. Hanno sviluppato una grande capacità di realizzare sculture in legno, finemente decorate con disegni prodotti con la tecnica della pirografia.

Presso il MUCIV – Museo Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma sono conservati artefatti raccolti a suo tempo da Guido Boggiani, che testimoniano della loro abilità nella produzione di cordame, di collane di denti di cinghiale e di oggetti di abbigliamento in pelle di formichiere.

Mappa itinerario Chaco Paraguay

PRIMA DI PARTIRE

Viaggiare in Paraguay sulle orme di Guido Boggiani, in territori dalle atmosfere rarefatte, spingendosi fuori dai cammini battuti, ha certamente un fascino non comune. Vanno però tenute presenti tre avvertenze.

  • La prima riguarda la stagione. L’estate australe, torrida e caratterizzata da abbondanti piogge tropicali che rendono impraticabili percorsi non asfaltati, va evitata. Meglio il periodo da giugno a settembre tenendo comunque sempre d’occhio la meteorologia perché le precipitazioni sono meno abbondanti, ma non assenti.
  • La seconda riguarda le condizioni, certamente migliorate e in via di ulteriore miglioramento, di viaggio e di soggiorno, che restano spartane. Un viaggio nel Chaco non può essere improvvisato. Va organizzato con cura meticolosa.
  • Una terza avvertenza riguarda i rapporti con gli indigeni, che richiedono sensibilità e rispetto. Nel Chaco non si trovano le grandi architetture degli Inca e degli Atzechi, né le sontuose raffinatezze della oreficeria chibcha. E’ però possibile immergersi in una atmosfera rarefatta, entrare in contatto con chi mantiene un rapporto privilegiato con la natura che noi abbiamo perso e provare il “senso di profonda ammirazione e meraviglia”, del quale scriveva Guido Boggiani nel 1894, e che è possibile percepire ancora oggi.
Ansa del Fiume Paraguay
Ansa del Fiume Paraguay | Gherardo La Francesca

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